In Gazzetta Ufficiale il c.d. “decreto Aree idonee”

I. Il 2 luglio scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il c.d. “decreto Aree idonee” (di seguito il “Decreto”).

Erano almeno due anni che gli operatori lo aspettavano. Il Decreto dà infatti attuazione all’art. 20 del d.lgs. 8.11.2021, n. 199 (a sua volta recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11.12.2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”). In base all’art. 20, comma 1, del d.lgs. 199/2021 cit., infatti, “Con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto [avvenuta il 15.12.2021: n.d.r.], sono stabiliti principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8 [dello stesso art. 20: n.d.r.]”.

Il Decreto – che dovrebbe essere uno strumento di programmazione generale per l’installazione di impianti a fonte rinnovabile – lascia ampia discrezionalità alle singole Regioni e Province autonome sia sotto il profilo del raggiungimento degli obiettivi previsti dal Decreto, sia sotto il profilo dell’individuazione delle aree idonee.

Il Decreto, inoltre, non contiene una norma di salvaguardia dei procedimenti autorizzativi già avviati, da concludersi ai sensi della normativa previgente. Cosicché potrebbe esserci il rischio di un’efficacia retroattiva del Decreto, con conseguente lesione dell’affidamento del privato in quei procedimenti già in stato avanzato.

Ciò premesso, vediamo più nel dettaglio le previsioni di maggior rilievo.

II. L’art. 1 stabilisce le finalità e l’ambito di applicazione del Decreto. In particolare, esso ha la finalità:

– da un lato, di “individuare la ripartizione fra le Regioni e le Province autonome dell’obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili rispetto al 31 dicembre 2020, necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC e rispondere ai nuovi obiettivi derivanti dall’attuazione del pacchetto ‘Fit for 55’, anche alla luce del pacchetto ‘Repower UE’ ”;

– e, dall’altro lato, di “stabilire principi e criteri omogenei per l’individuazione da parte delle Regioni e delle Province autonome delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili funzionali al raggiungimento degli obiettivi di cui alla lettera a), in linea con il principio della neutralità tecnologica”[1].

Lo stesso art. 1 del Decreto contiene poi una serie di definizioni.

Sono aree idonee quelle in cui è previsto un iter accelerato ed agevolato per la costruzione ed esercizio degli impianti a fonti rinnovabili e delle infrastrutture ad essi connesse in base alla disciplina contenuta nell’art. 22 del d.lgs. 199/2021 (art. 22 rubricato, appunto, “Procedure autorizzative specifiche per le Aree Idonee”). Sicché non si devono intendere le aree idonee come quelle sicuramente autorizzabili. Bensì, quelle in cui si applicherà l’iter autorizzativo più favorevole previsto dall’art. 22 del d.lgs. 199/2021.

Si intendono, poi, per aree non idonee quelle con caratteristiche incompatibili con l’installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità stabilite dalle linee guida emanate con decreto MISE del 10.9.2010 e ss.mm.ii. A tale riguardo il comma 3 dell’art. 7 del Decreto stabilisce una presunzione di inidoneità: sono infatti considerate comunque non idonee le superfici e le aree ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela e ai sensi degli artt. 10 e 136, comma 1, lettere a) e b) del d.lgs. 42/2004, salvo che per i rifacimenti degli impianti già in esercizio.

Inoltre, sono qualificate come ordinarie, in via residuale, le aree diverse da quelle precedenti e nelle quali si applicano i regimi autorizzativi ordinari di cui al d.lgs. 28/2011 e ss.mm.ii.

Infine, vi sono aree in cui è vietata l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, ossia le aree agricole per cui vige il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell’art 20, comma 1-bis, del d.lgs. 199/2021[2].

Con propria legge e coinvolgendo gli enti locali, ciascuna Regione dovrà individuare sul proprio territorio tali tipologie di aree, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto.

III. Simmetricamente rispetto ai due obiettivi individuati all’art. 1, comma 1, il Decreto è suddiviso in due titoli.

Il primo titolo (di 5 articoli, dall’art. 2 all’art. 6 compresi) è dedicato alla ripartizione della potenza fra Regioni e Province autonome. Precisamente, per ogni Regione e Provincia autonoma sono fissati gli obiettivi di potenza minima per anno, dall’1.1.2021 fino al 31 gennaio dell’anno di riferimento (art. 2, tabella A). A titolo di esempio il Piemonte ha, come obiettivo di potenza aggiuntiva: – 78 MW per il 2021; – 285 MW per il 2022; – 851 MW per il 2023; – 1.098 per il 2024; e così via.

Le Regioni a cui è attribuita maggiore capacità da installare sono la Sicilia, la Lombardia e la Puglia.

È previsto un meccanismo perequativo per il trasferimento statistico di determinate quantità di potenza da fonti rinnovabili tra Regioni e Province autonome ai fini del raggiungimento dei rispettivi obiettivi. Ma questo trasferimento statistico non deve pregiudicare il conseguimento dell’obiettivo della Regione o Provincia autonoma che lo effettua (art. 3).

Inoltre, viene istituito un meccanismo sostitutivo (in particolare, con l’adozione di atti normativi di natura sostitutiva) per la gestione dei casi di mancato raggiungimento degli obiettivi previsti all’art. 2 per ciascuna Regione e Provincia autonoma, da definirsi dal Consiglio dei Ministri su proposta del MASE (art. 6).

IV. Il titolo secondo, che si compone di soli 3 articoli (dall’art. 7 all’art. 9 compresi), è dedicato ai “Principi e criteri omogenei per l’individuazione delle aree idonee”.

L’art. 7 elenca, infatti, i criteri che le Regioni e le Province autonome devono tenere in conto per l’individuazione delle aree idonee, fermo comunque il rispetto dell’art. 5 del c.d. “d.l. Agricoltura” di cui si è già detto, e cioè:

– la  “massimizzazione delle aree da  individuare  al  fine  di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di  cui  alla  Tabella  A dell’art. 2 dello stesso Decreto” (di cui si è detto al precedente punto III);

– le esigenze di tutela del patrimonio culturale e  del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità  dell’aria e  dei  corpi  idrici,  privilegiando  l’utilizzo  di  superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree  a  destinazione  industriale,  artigianale,  per  servizi  e logistica, e verificando l’idoneità di  aree  non  utilizzabili  per altri scopi, ivi incluse le  superfici  agricole  non  utilizzabili, compatibilmente con le  caratteristiche  e  le  disponibilità  delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di  rete  e  della  domanda elettrica, tenendo in considerazione  la  dislocazione  della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo della rete stessa;

– la possibilità di classificare le superfici o le aree come idonee, differenziandole sulla base della fonte, della taglia e della tipologia dell’impianto;

– e, infine, la possibilità di fare salve le aree idonee di cui all’art. 20, comma 8, del d.lgs. n. 199/2021 vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto (art. 20, comma 8, che – com’è noto – contiene una disciplina transitoria per l’individuazione delle aree idonee nelle more dell’adozione del Decreto che è stato, infine, pubblicato il 2.7.2024 scorso).

V. Alla luce della grande discrezionalità che il Legislatore nazionale ha ritenuto di lasciare alle Regioni nell’adozione dei provvedimenti di individuazione delle aree idonee/non idonee/ordinarie, alcune associazioni di settore hanno già messo in evidenza i punti che sarebbero da tenere, comunque, in considerazione.

In primo luogo, se si individuano le aree idonee con criteri eccessivamente restrittivi, vi è il rischio di un aumento generalizzato dei costi (per l’acquisto dei terreni, per ottenere le autorizzazioni, nonché dei costi di costruzione e gestione) con conseguenti difficoltà nella produzione dell’energia a costi accettabili e nella realizzazione di utili per la partecipazione alle procedure del decreto FerX.

In secondo luogo, è auspicabile che le Regioni abbiano un approccio il più omogeneo possibile di modo che non si creino eccessive disparità di trattamento tra un territorio e l’altro. Per esempio, individuando con atto immediato – come aree idonee – quelle già impermeabilizzate, come i parcheggi, oppure le aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale. Ovvero, qualificando con atto immediato – come non idonee per il fotovoltaico – le aree con vincoli rilevanti, in modo da evitare di dover valutare progetti con scarsa o nulla possibilità di autorizzazione. Staremo dunque a vedere come ciascuna singola Regione e Provincia Autonoma deciderà di attuare il Decreto.


[1] Il principio della neutralità tecnologica impone un approccio non discriminatorio alla regolazione dell’uso delle tecnologie, lasciando al mercato di decidere la combinazione ottimale. In altri termini, ciò significa che le Istituzioni pubbliche non scelgono la tecnologia su cui puntare (fotovoltaico, eolico, ecc.) ma, più in generale, gli obiettivi e la cornice di riferimento.

[2] Com’è noto, il comma 1-bis dell’art 20 del d.lgs. 199/2021 è stato recentemente introdotto dall’art. 5 del c.d. “d.l. agricoltura” del 15.5.2024, n. 63 (recante “Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonchè per le imprese di interesse strategico nazionale”), ormai convertito in legge 12.7.2024, n. 101. In base a tale norma “All’articolo 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: «1-bis. L’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra di cui all’articolo 6-bis, lettera b), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell’area occupata, c), c-bis), c-bis.1), e c-ter) n. 2) e n. 3) del comma 8”.

Per maggiori informazioni è possibile contattare l’autore.

Avv. Giulia Cocimano
(con il contributo di ricerca della Dott.ssa Claudia Isoli)
g.cocimano@italaw.it
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